Dedicato alla stilista Kristina T

by Susanna Reschiggian

Leggo con molto piacere l’articolo comparso su “La Stampa” di ieri dal titolo “Via dalle vetrine i vestiti per ragazze troppo magre”. Due intere pagine della cronaca dedicate ad un’apprezzabile iniziativa del comune di Torino: la creazione di un bollino blu che identifichi i negozi di abbigliamento dove è possibile trovare taglie sopra la 44. Meno male, mi sono detta, era ora. Dopo la bufera suscitata dalle dichiarazioni di quell’icona di insulsaggini chiamata Kate Moss, un’iniziativa del genere, che mi pare unica in Italia, acquista una rilevanza speciale.

Molto bene, anche il mio Comune  pensa sia diseducativo imitare le modelle: «L’obiettivo del “bollino blu….ha un valore didattico, perché certi modelli di magrezza rischiano di influenzare sempre più le giovani generazioni, alle quali dobbiamo insegnare invece che si può vivere e godersi la vita senza punire il proprio corpo a causa di uno stereotipo» dichiara l’Assessore al Commercio Alessandro Altamura.

Vero. Condivisibile. E lo so benissimo che l’anoressia è un problema che va oltre la moda, che implica un disturbo psicologico dai risvolti complessi e delicati ma io sono convinta che anche il fashion system abbia le sue responsabilità. Portare una 44 e sentirsi discriminati perché in molti negozi non si trova da vestire ha dell’assurdo oltreché del ridicolo, e in personalità particolarmente fragili può diventare causa scatenante di disturbi alimentari, Essere bombardate costantemente da modelli di magrezza estrema, trovare solo abiti in taglie da da dodicenne, entrare in uno store di abbigliamento e sentirsi trattate da obese quando si ha un BMI assolutamente nella norma, che effetto può fare tutto questo in un’adolescente in crescita?

CristinaTardito

Mi ha invece molto stupito e infastidito l’intervista che compare sempre nella stessa pagina alla stilista Kristina T, uno dei fiori all’occhiello della moda torinese. Le viene chiesto se è pro o contro l’iniziativa del comune di Torino. E lei risponde: “Penso che sia lodevole a livello di sensibilizzazione, ma non serve a nulla. D’accordo portare il buon esempio, ma resta un bel gesto e basta. Aggiungerei superficiale”.

Perché, signora Kristina, se è un bel gesto a livello di sensibilizzazione non dovrebbe servire a nulla? In che modo si affrontano i problemi sociali, se non attraverso iniziative di informazione e sensibilizzazione? Perché mai non dovrebbe servire a nulla rassicurare le donne riguardo l’adeguatezza e la normalità del proprio fisico?

E ancora: “L’anoressia è un problema da affrontare a livello clinico, non in giro per negozi, troppo facile ridurlo alla moda, anzi sciocco farlo. La magrezza delle modelle è solo dovuta alla loro giovane età.”

Bene signora Kristina, sicuramente l’anoressia è un problema clinico, non riconducibile esclusivamente alla  moda,  ma è altrettanto ipocrita che la moda cerchi di lavarsene le mani. Lei che vive nell’ambiente sa benissimo che le modelle, per mantenere il loro peso, NON MANGIANO, altrimenti rischiano di perdere il lavoro. E sa altrettanto bene che i capi che  preparate per le sfilate sono in taglia 36/38 – girano perfino delle aberranti taglie 34 (!)- e devono essere indossati da ragazze alte intorno al metro e ottanta. Si faccia due conti: queste ragazze saranno anche magre di costituzione, ma  mantengono il loro sottopeso con grandi sforzi di volontà.

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Due modelle della sfilata di Kristina T

“ ……Mi infastidisce questo continuo attacco al nostro settore: ogni qualvolta si affronta un problema tipo anoressia, droga o alcool, entra in ballo la moda, quasi ne fosse un sinonimo. Il nostro mondo, invece, dovrebbe essere valutato per l’importanza economica che rappresenta per il nostro paese.” Certo, è solo una questione di denaro. Come si guadagna questo denaro, a che prezzo, non importa. Se gli affari girano va tutto bene: la moda non ha bisogno di un’etica né di una morale. Se le modelle svengono in passerella pazienza, se le donne sono umiliate perché non entrano nei vostri vestiti non è un problema. Il business viene prima di tutto.

All’ultima domanda, se il marchio KristinaT meriterebbe il bollino blu, lei non ha risposto, signora. Ci credo, forse non se la sentiva di dichiarare pubblicamente che nemmeno i suoi abiti vanno oltre la 42. E allora mi chiedo: ma per chi li fate, i vostri abiti? A chi li vendete, se la maggioranza delle donne non li può indossare?

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