Donne e violenza: perché le donne sono sempre più aggressive? 

by redazione
donne violenza

Una riflessione sulla violenza femminile che è in costante aumento

Non sarà questo l’ennesimo scritto che riguarda la violenza perpetrata sulle donne. Parleremo invece della violenza delle donne, quella violenza al femminile che sempre più spesso la cronaca ci racconta, ma anche quella che tutti noi possiamo quotidianamente osservare.

Volutamente tralasceremo i casi di maggior risonanza giornalistica ed emotiva, pensiamo alle efferate donne di mafia e camorra, oppure alle crudeltà commesse dalle carceriere di Guantanamo o, ancora, all’orribile vicenda del piccolo Loris e a quelle di tante madri che uccidono i propri figli, per guardarci un po’ intorno e scoprire cosa accade nella quotidianità.

E’ indubbio che l’aggressività femminile è in costante aumento: donne sempre più prepotenti, arroganti, portate all’adozione di condotte sempre più “maschili” improntate ad uno spirito di emulazione dello stereotipo più scontato e di basso livello della virilità. Già, perché osservando la realtà sembra che il femminismo abbia decisamente fallito i suoi obiettivi più importanti, ovvero l’affermazione dell’identità femminile, del pensiero e della concezione del mondo al femminile, per risolversi da un lato nella ripetizione sterile degli stereotipi del passato per cui “petto e coscia” fanno fare più strada di intelligenza, competenza e cultura e, dall’altro, nell’adozione delle peggiori condotte maschili.

L’alternativa al modello maschile

Cosa è successo dunque? L’alternativa al modello maschile così aspramente e, in molti casi, giustamente criticato non c’è. Dal “vogliamo affermare la nostra identità in alternativa e complementarietà alla vostra” le donne sono approdate al “vogliamo essere come voi, fare quello che fate voi”. La morte dell’identità femminile.

Badate bene, non auspico il ritorno all’ “angelo del focolare” e alle donne prive di pulsioni negative e pronte per la santità, ma penso ad anni e anni di “collettivi femministi” e di autocoscienza che sono finiti miseramente con donne stressate che lavorano fuori casa, in casa, sempre meno capaci di vivere l’affettività, insofferenti verso i figli, arrabbiate con il mondo e pronte a “scaricarsi” sempre e ovunque. Quindi donne portate alla violenza, ostili agli uomini ma nel contempo seduttuive spesso a fini puramente sessuali, insofferenti verso la famiglia, sempre meno desiderose di maternità perché i figli costituiscono un ostacolo all’affermazione del proprio narcisismo e alla realizzazione di un sé egocentrico.

Aggressive e strafottenti nella quotidianità, in automobile, al supermercato, in ufficio o nel condominio, pronte ad attaccare in maniera forte, brutale chiunque venga percepito come un intralcio ai propri piani. Un percorso stabile verso quella durezza, anaffettività, incapacità di coesione relazionale che ha caratterizzato il maschio per secoli e ora connota sempre più l’universo femminile.

Voi direte che le donne dovevano e devono essere così perché si muovono in una società ancora troppo maschilista, e quindi sono costrette a giocare con le medesime regole della controparte, però mi pare una giustificazione pretestuosa.

Il rapporto uomo-donna

Il rapporto uomo donna è molto cambiato negli ultimi 30 anni: gli uomini sono cambiati, hanno imparato le regole dell’affettività, una paternità più responsabile, sono protagonisti attivi della dimensione familiare e, anche in ambito lavorativo nonostante ci sia ancora da fare, le donne hanno situazioni di maggiore parità rispetto ai colleghi. A dispetto di tutti questi progressi la rabbia è cresciuta, rivolta un po’ verso tutto e tutti.

Dobbiamo distinguere due piani diversi ma complementari nella dinamica di questo fenomeno, uno sociologico poiché le donne vivono in una società fortemente competitiva e aggressiva, nonché frustrante, e quindi non sfuggono a quel generale aumento di aggressività che contraddistingue il tessuto e le relazioni sociali in genere; l’altro psicologico per cui il progressivo abbandono della propria identità femminile, mediante l’identificazioni con, e l’assunzione di modelli comportamentali e mentali maschili promuove sempre più l’adozione di condotte violente.

Un esempio valga per tutti: il bullismo nelle scuole è sempre più un fenomeno al femminile; ancora una volta donne contro donne. Possibile che la storia si ripeta sempre uguale a se stessa?

D’altra parte questa “mascolinizzazione” delle donne sta comportando di fatto una “femminilizzazione” degli uomini, e questo meccanismo potrebbe costituire un’ enorme risorsa per rifondare in maniera veramente nuova i rapporti fra i sessi e la società tutta, ma c’è un grosso intoppo: le donne continuano ancora a guardare all’uomo come ad una creatura “naturalmente” privilegiata e continuano ancora ad essere in guerra per prenderne il posto. Così non si arriva da nessuna parte.

Uomini e donne di potere

Le donne hanno davvero la possibilità e la forza di portare a compimento un profondo cambiamento sociale, ma anche un profondo cambiamento psicologico nel maschio e in se stesse; in parte questo è già avvenuto, ma sembra che le lusinghe del potere e del denaro abbiano indebolito quella forza propulsiva iniziale fin quasi ad arrestarla, con il risultato che spesso le donne di potere si comportano peggio degli uomini di potere.

C’è un iniziale errore di prospettiva: dimostrare sempre che si è all’altezza se non migliori, dimostrare che si hanno “le palle”.

La premessa è dunque che chi le ha (fisiche o metaforiche) è migliore, eppure è un dato di fatto che questo millenario modello “muscolare” di gestione del mondo ha dato buoni risultati fino ad un certo punto, e comunque con prezzi altissimi in termini di vite umane, ma ad oggi ci sta trascinando verso una lenta e costante rovina perché non è nella mentalità maschile fermarsi, riflettere, fare un passo indietro o magari tornare indietro e cambiare strada. Il pensiero maschile è infatti molto lineare, parte da una premessa e arriva ad una conclusione che si traduce in azione; il pensiero femminile è circolare, riesce a considerare simultaneamente un numero di variabili superiore ed è capace di sospendere l’azione finché questo complesso lavoro di pensiero ed elaborazione non pare compiuto in modo soddisfacente.

Chi è il più forte?

La questione, dunque, non è dimostrare chi è il più forte poiché siamo tutti ugualmente impreparati di fronte alla vita e al mondo, ma mettere insieme i cervelli ricordando che le differenze (tutte) fra i sessi costituiscono una risorsa fondamentale per il benessere e la sopravvivenza della nostra specie.

Non fatevi ingannare, non rinunciate mai all’essenza più profonda della vostra femminilità, abbiamo ancora molto da fare insieme.

 

 

Claudio Bertolé, consulente psicologico di VivoBeneDonna

 

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