Paura e…. paure (parte seconda)

by Claudio Bertole
paura

 In che modo la paura condiziona la nostra quotidianità?

 

Avevamo lasciato in sospeso la questione dei processi psicologici (che portano poi a comportamenti e azioni molto concreti) che si innescano quando si vive n un clima di paura e diffidenza diffuse, in una società ipercomplessa come la nostra, sottolineando come questa dimensione possa trasformare la nostra vita in un inferno. Inizia quindi un processo di irrigidimento sempre più forte e diventiamo sempre più aggressivi, perché la paura anticipatoria porta all’aggressività preventiva.
Se trasportiamo queste dinamiche interiori nello scacchiere internazionale, ecco saltar fuori la “guerra preventiva”: tanto per incominciare e visto che non so cosa potresti fare, ti attacco. Questa guerra, in piccolo, si perpetua in ognuno di noi, attanagliati dalla morsa delle paure. Questa morsa ci stritola ed è l’anticamera della morte psicologica; vi ricorderete che psyche è anima e l’anima ha bisogno di spaziare, di relazionalità, di umanità, di commozione, di tenerezza, di libertà: imprigionata in una corazza muore. La paura che non ha un oggetto, la paura pervasiva e spesso inconscia è un vero malanno dell’anima che sta contagiando questa parte di mondo, anche perché nell’altra parte i problemi, i nemici e i pericoli sono molto ben visibile e identificabili.

Non solo, ma questa paura che non ha un oggetto ben definito, ne cerca uno e lo trova inevitabilmente nei “diversi”, per etnia, religione, usi, preferenze sessuali, ecc.: non ha importanza chi sono, da dove vengono, soprattutto non conta come sono, come vivono, come si comportano, semplicemente non sono come noi e quindi fanno paura. E allora si comincia a ragionare in termini di “noi” e “loro”, dove noi siamo i giusti e loro quelli sbagliati che diventano la rappresentazione vivente di tutte le nostre parti cattive e negative. In questo crescendo di tensione, che possiamo fare? Tanto per incominciare pensiamo al fatto che l’informazione ufficiale propone solo una parte (e anche molto piccola) di tutto ciò che accade in questo mondo e nella nostra società italiana. Si tratta di un’informazione totalmente parziale, la cui regola aurea è “buona nuova nessuna nuova”, e il risultato finale è la sconfortante sequela di brutte notizie cui siamo tristemente abituati. Ma questo atteggiamento degli organi di informazione riflette un atteggiamento psicologico-culturale profondamente “nostro”. Pensate a questo: quando siamo chiamati ad esprimere un parere su una persona ( per esempio un nuovo collega o un nuovo vicino di casa) nei confronti della quale non abbiamo da evidenziare critiche, difetti, ecc. diciamo”… Ah no! Niente da dire!”. Ecco è in quel “niente da dire” il problema. Non siamo abituati a parlare di cose positive e dobbiamo imparare a farlo. Il male viene declamato e strombazzato a gran voce, il bene passa sotto silenzio. Sbagliato! Dobbiamo tutti imparare a sottolineare (dentro di noi e con gli altri) le cose buone che ogni giorno accadono. Centinaia di persone vengono salvate ogni giorno nei nostri ospedali, ma questo non conta nulla, non fa notizia come, invece, il caso di mala sanità. Chiedetevi perché. Paradossalmente perché la buona sanità è la regola, dunque, e ingiustamente non fa più scalpore. D’altro canto propinare sempre e solo casi di mala sanità finisce per determinare l’errato convincimento che tutta la sanità sia di quel genere.

E’ vero ci sono extracomunitari ( che poi spesso extracomunitari non sono, ma sono cittadini dell’Unione Europea) che delinquono, ma ci sono anche tanti immigrati che fanno una vita veramente triste, di stenti, di sfruttamento, di sopraffazione da parte di civilissimi italiani e che, nonostante ciò, non delinquono e cercano con immensa fatica di costruirsi un’esistenza migliore. Anche alcuni esponenti dell’informazione e della politica hanno dato segni di stanchezza verso questo sistema, comprendendo che fare da cassa di risonanza al male, escludendo sistematicamente il bene, è un male per tutti, persone, organizzazioni e istituzioni. Credo che abbiate capito il senso. Il mio invito è a pensare con equilibrio soppesando bene gli aspetti positivi e negativi del nostro universo esistenziale; così facendo troveremo “anche” elementi positivi sui quali far leva per trovare la spinta necessaria a modificare quelli negativi, allenandoci a superare quella impasse costituita dal senso di impotenza e dalla costante lamentosità fine a se stessa.

Buon allenamento, dunque…… e vi aspetto con i vostri pensieri!

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