Ogni giorno scegliamo, più o meno consapevolmente, di indossare abiti e accessori e affrontiamo la giornata.
Per qualcuno questa scelta avviene con cura e attenzione, per altri appare un’azione banale e sbrigativa.
Eppure, che ci si curi o meno del proprio aspetto, questo dice di noi molte cose.
Più di quelle che potremmo pensare. Soprattutto a noi stessi.
Spesso troviamo in libreria testi che spiegano “le strategie” per comunicare in modo corretto la nostra immagine per raggiungere certi obiettivi a breve termine: un posto di lavoro, fare colpo al primo appuntamento, avanzare di carriera, ecc.
Ma le tattiche applicate alla quotidianità, con il tempo rischiano di farci puzzare di inautenticità e soprattutto di renderci confusi e poco credibili anche per gli altri.
Io credo, invece, che quello che spesso accade è che la nostra immagine esteriore e il modo in cui ci esprimiamo attraverso questa, riveli di noi stessi parecchi aspetti emotivi e psicologici.
Oscar Wilde diceva che “sono solo i superficiali a non giudicare dalle apparenze” e ritengo che l’abbigliamento e la moda siano ambiti molto meno frivoli e superficiali di quanto si pensi.
La psicologia della moda si occupa di due aspetti peculiari.
Il primo ambito è lo studio delle rappresentazioni sociali legate alla moda, l’influenza sociale, il conformismo, l’espressione sociale di valori, l’appartenenza ad un gruppo, il comportamento d’acquisto, eccetera (per approfondire questo argomento vi suggerisco di leggere “Psicologia sociale della moda” di Paola Pizza ).
Il secondo ambito è la cosiddetta psicologia dell’abbigliamento, ossia l’analisi di come un certo “look” sottolinei alcuni vissuti individuali e personali legati alla propria identità, alle proprie fragilità o sicurezze. Gli abiti ci permettono, spesso senza esserne consapevoli, di esprimere le nostre emozioni o di entrare in relazione con gli altri in un certo modo piuttosto che in un altro.
Nel mio lavoro incontro ragazze e donne che vivono con un certo disagio la propria immagine corporea e anche l’analisi del loro abbigliamento e del loro guardaroba, ci aiuta a comprendere come si percepiscono come persone nel mondo delle relazioni, del lavoro o della famiglia.
Esistono diversi casi tipici: donne adulte che continuano a vestirsi come ragazzine; ragazze che sono dimagrite o ingrassate e non riescono ad accettare la nuova immagine esteriore, perché quella interiore corrisponde a quella del passato; giovani madri che s’identificano in un unico ruolo di mamma, a scapito degli altri aspetti della propria vita e così via.
Lo psicologo che si occupa di salute e benessere, può aiutare, attraverso la discussione di come una persona vive il rapporto con il proprio corpo, lo specchio e anche l’abbigliamento, a ritrovare una sintonia tra ciò che si percepisce all’interno, con le proprie emozioni e ciò che si può esprimere all’esterno, per sentirsi finalmente autentici e in armonia, anche con gli altri.
A volte questo è un processo molto complesso e talvolta è necessario lavorare anche su alcune profonde convinzioni e immagini di sé svalutanti, molto radicate nella persona.
Ricordo anche con amarezza che la nostra società e i mass media, non promuovono mai la ricerca di una propria espressione corporea e d’immagine, in armonia con se stessi.
Anzi.
Semmai sarà il contrario: i messaggi sono spesso legati alla ricerca ossessiva per il raggiungimento di modelli stereotipati irreali di corpi perfetti e perfettibili attraverso diete, palestra, chirurgia estetica e quant’altro.
Come se il corpo fosse diventato un oggetto manipolabile e da trasformare in modo coercitivo.
A questo proposito il 29 maggio terrò a Pesaro, presso Palazzo Gradari, un workshop gratuito dedicato ad “Autostima e Immagine corporea femminile” in cui verranno trattati questi temi attraverso una piccola conferenza e un laboratorio esperienziale.
Per ulteriori informazioni potete andare sul mio blog http://iomipiaccio.blogspot.com ed iscrivervi!
6 comments
molto interessante! e mi trovo molto d’accordo: lo specchio non misura il nostro valore!
Grazie Anna!
molto interessante.Peccato solo che questo seminario gratuito si svolga a Pesaro e non a Milano dove abito,altrimenti vi avrei partecipato subito e volentieri. Ne sono previsti altri a Milano,in futuro?
in effetti il tema è davvero interessante, possiamo pensare di estendere il seminario ad altre città, Milano sicuramente ma anche ad esempio a Torino dove opera anche la nostra associazione… Che ne dici, Susanna, ci pensiamo?
Certo che ci pensate. Anch’io sono di Milano e sono molto ineressata al seminario che si svolge a Pesaro!
Certamente, ne possiamo parlare ed organizzarci per il futuro! Un caro saluto