Guardaroba vuoto e avversione per lo shopping

by redazione

 

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Egregio Signore, Le scrivo perché ho bisogno di aiuto: sono una shopaolic al contrario. Mi chiamo Francesca, sto per compiere 28 anni, sono laureata in giurisprudenza e attualmente lavoro presso una azienda bolognese (settore legale). Sono cresciuta in una piccola città e, forse anche per l’assenza della figura materna, non ho sviluppato una particolare attitudine a…. non so neanche io come definirla… ad essere donna, ad avere il piacere di farmi, di apparire bella. E’ la prima volta che mi rivolgo ad una persona come Lei e lo faccio perché il mio quasi totale disinteresse per il mondo della moda, dell’abbigliamento, della cura del dettaglio in generale inizia, come dire, a pesarmi. Sono entrata nel mondo del lavoro ed ho iniziato a fare i conti con i dettami dell’apparenza, che nel mio caso è fatta di camicie a buon mercato, golfini in acrilico, vecchi pantaloni dall’orlo sdrucito e….occhiatine da parte delle colleghe e dei colleghi. Non mi so valorizzare, non so scegliere l’abbigliamento adatto a me e sospetto che ci sia qualcosa di più profondo. Che le ragioni di questa avversione siano più psicologiche che oggettive. Le scrivo, dunque, per avere un Suo consiglio e, inconsciamente, per mettere un po’ d’ordine nel groviglio di pensieri che mi occupano la mente. Per me, Le confesso, questo genere di preoccupazioni è davvero una novità.  Non avrei mai creduto di essere sopraffatta dall’ansia alla visione del mio armadio e, soprattutto, del mio aspetto. Non mi definirei brutta, credo di essere carina e negli anni ho superato gran  parte dei miei problemi di autostima, ma rimango il tipo di ragazza che non ha mai i capelli in ordine, quella che va dal parrucchiere solo per il taglio e non ha idea di come si faccia una messa in piega. Il tipo che “mi lavo i capelli, li asciugo a testa in giù e non vedo l’utilità di proseguire oltre nell’attività del parrucco”. Tanto per la cronaca, ho i capelli lisci, di un bel castano chiaro, la pelle  chiarissima e gli occhi marroni che ogni tanto, inspiegabilmente, diventano verdi. Non sono male. Dopo anni di pratica fatta in casa davanti allo specchio, ho imparato a truccarmi quel tanto che basta per togliermi l’aria malaticcia che ho d’inverno, quando il mio pallore è più intenso, ma quando calco la mano, magari solo per vedere “come sto”, mi agito e ho l’impulso di tornare al naturale,  quasi avessi paura di vedermi “bella”. Secondo Lei è possibile avere paura di essere bella? E’ possibile che io abbia davvero paura di mostrarmi al mondo al meglio delle mie possibilità, perchè è in quei casi che mi sento più vulnerabile? Scrivere una cosa del genere ha del paradossale, mi rendo conto, ma è così che mi sento. Indosso taglie che oscillano dalla 44 alla 48. Non perché sia dedita alla fisarmonica, bensì perché ho quella che (recentissima scoperta, non sembra, ma mi sto documentando!) si chiama struttura a mela: ho il punto vita largo, una bella panciotta, le spalle larghe e un bel paio di rotolini sul costato. Le gambe sono relativamente normali, il seno non è grandissimo, ma nemmeno invisibile. Insomma: le giacche mi vanno strette, se un paio di pantaloni si allaccia in vita poi  “pende” dietro al sedere o, viceversa, se rimane aderente (anche se non è la parola giusta, diciamo se mi sta bene sui fianchi), per allacciarlo ci vogliono i vigili del fuoco. Ho trascorso la mia adolescenza in una taglia 52, arrivando fino alla 54. E’ come se il retaggio di quegli anni fatti di indumenti sempre inarrivabili (ed inallacciabili) abbia lentamente modificato il mio approccio alla femminilità e, con essa, all’abbigliamento. La consapevolezza di non poter indossare nulla di “normale” mi ha portata a disinteressarmi di moda, di tutto quello che, tanto, della mia vita non poteva far parte. Credo che il mio atteggiamento sia nato come una specie di anticorpo alla frustrazione. Lentamente, le mie “spese” si sono concentrate in libreria, o in viaggi. Ancora oggi, uscire a far compere per me è stressante. Non so mai cosa comprare e ogni volta che a fatica individuo qualcosa che potrebbe piacermi, se provandolo non mi entra o non mi sta come vorrei sento di nuovo assalirmi la sgradevole sensazione di quando ero ragazzina. Mollo tutto e torno a casa. Non ho la più pallida idea del perché per le donne sia piacevole fare shopping, io lo trovo terrificante. Sono il genere di persona che compra tre camicie uguali, ma in tre colori diversi, solo per non mettere più piede nel negozio. Quando accompagno le amiche per negozi, mi rintano in libreria mentre loro scandagliano i capi esposti. Ho provato a chiedere consiglio a loro, alle mie amiche, ma mi sento a disagio, soprattutto perché se avessi un mio “stile” sarebbe sobrio e semplice, pratico. Seguendo i loro consigli mi sono ritrovata conciata tipo clown o, comunque, non a mio agio. Credo di averLa annoiata fin troppo, quindi Le pongo la domanda cruciale: vorrei avere un guardaroba, da dove comincio? Nel mio armadio non c’è nulla più di un jeans, qualche pantalone, polo e camicie di cotone e quattro golf per l’inverno….Il risultato di anni di incuria. Come faccio a vincere la mia avversione per lo shopping? Non ho idea della reazione che potranno suscitare le mie parole, ma spero, almeno, di non averLa annoiata. Se troverà il tempo di scrivermi anche due righe e darmi uno spunto, Le sarò immensamente grata. Cordialmente Francesca .

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Risponde Susanna Reschiggian:

Cara Francesca La Sua lettera ci è sembrata molto interessante, per cui abbiamo deciso, sperando di farLe cosa gradita, di risponderLe non solo con il consiglio del sig. Casile, ma anche con il parere del nostro psicologo, il dott. Claudio Bertolè. Ci auguriamo che la lettura del Suo caso possa essere di aiuto ad altre amiche che condividono lo stesso problema.

Cordiali saluti Susanna Reschiggian .

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 Risponde Francesco Casile:

Gentile Francesca, La Sua lettera è la sintesi di quello che quotidianamente vivono migliaia e migliaia di donne come Lei. I consigli che posso darLe sono tanti ma quello più importante è che deve AMARE prima di tutto se stessa. Vedrà che quando incomincerà a amarsi, a volersi bene, il mondo cambierà e gli altri inizieranno a volerle bene… Sono dei consigli semplici , ma  se applicati possono cambiare il modo di vivere. Lei è una persona colta e quindi dovrebbe facilmente superare questi momenti di sconforto. Il suo fisico ha una conformazione a fisarmonica ma adesso è in una taglia che può indossare qualsiasi cosa… Si faccia sentire ancora se posso esserLe utile.

Cordialmente Francesco Casile

 

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–  Risponde il dott. Claudio Bertolè:

Non abbiamo molte informazioni su Francesca ma tenteremo comunque di dare una chiave di lettura del suo problema  sulla base di quanto lei stessa  racconta di sé. Sicuramente c’è stato un percorso, credo travagliato, attraverso il quale  Francesca è giunta alla consapevolezza di avere un problema  che, si badi bene, non consiste nel non desiderare  di curare il proprio aspetto  o di fare shopping,  ma consiste nel fatto che  questa non voglia è “subita”, viene vissuta come una costrizione dalla quale non riesce a liberarsi.  Francesca percepisce questa parte di sè come non armonica rispetto al resto. Cerchiamo quindi di capirne di più.   Francesca esordisce con una richiesta di aiuto e con una precisa definizione di sé, “una shopaholic al contrario”. La richiesta di aiuto, come detto prima, denota l’acquisizione della consapevolezza del proprio disagio; definirsi ha la funzione di  attribuirsi un’identità  (vera o presunta non ha importanza),  questo   rafforza il sé e, nel contempo, è rassicurante. Prosegue dicendoci che è   laureata in giurisprudenza,  lavora nel settore legale di un’azienda; il campo professionale, probabilmente, è quello in cui  Francesca si sente “più forte”, più sicura di sé.  Terminate le “presentazioni”   diviene interpretativa rispetto alla propria situazione interiore, tenta di darne una lettura psicologica e di comprenderne le cause. Pone subito in evidenza l ’assenza della figura materna, assenza della quale non conosciamo la causa, ma che non può non aver lasciato tracce profonde nel suo   sviluppo psicologico. Il disagio dichiarato da Francesca   riguardo al proprio aspetto appare abbastanza legato al giudizio altrui. Non è quindi chiaro se Francesca  desideri prendersi cura del   proprio aspetto oppure se desideri solo  uniformarsi alle richieste dell’ambiente esterno. Non si definisce brutta, dice che   non sa valorizzarsi e che ha  una “avversione” (usa proprio questa parola)  all’idea di apparire al meglio. Francesca   collega questa sua nuova consapevolezza all’ingresso nel mondo del lavoro, ma prima di ciò lei è stata un’ adolescente e una giovane donna studentessa universitaria;  non è irragionevole ritenere che quelle “occhiatine” e quei “commenti” ci siano  stati anche prima nell’ambiente scolastico. Ora però, l’aver concluso positivamente un percorso universitario e l’essere entrata nel mondo del lavoro, hanno rinforzato  il sé ed ecco che i “vecchi panni” cominciano ad essere percepiti come troppo stretti. Quindi se  è vero,  come ci dice Francesca,  che  a livello cosciente queste preoccupazioni sono una novità,  è altrettanto vero che  a livello inconscio la questione è antica.  Una domanda si pone a questo punto: perché solo ora e proprio adesso?  Questo interrogativo può essere  un buono spunto di riflessione per Francesca. In base alla descrizione fisica possiamo desumere che Francesca, dal collo  in su,  non si vede   affatto negativamente: capelli lisci di un “bel” castano chiaro, pelle chiarissima  e occhi marrone che ogni tanto diventano verdi, “non sono male” dice di sé. Poi dice ancora che se prova ad accentuare  il trucco  si sente in ansia come se avesse paura di essere bella. La risposta alla sua domanda è sì: si può avere paura di essere belli, o meglio si può aver paura di vedersi belli e di non trovare conferma di ciò nello sguardo altrui.    Lei stessa afferma di avere paura di mostrarsi al mondo al meglio,  perché si sente più vulnerabile.  Il suo aspetto attuale la mette al riparo da questa vulnerabilità. Il modo in cui  Francesca si descrive evidenzia che ritiene di essere stata brava a curare e arricchire “l’interno”   (è acculturata, ama la lettura, non è una persona vuota e superficiale) ma non lo è  nel curare  “l’esterno”. Quando Francesca descrive il proprio corpo (dal collo in giù quindi) la cura dell’aspetto viene rappresentata come una “mission impossibile”. Ci sarebbe addirittura la consapevolezza di   non poter indossare nulla di “normale”. Qui Francesca è davvero impietosa con sé stessa. Sappiamo che la “realtà” oggettiva non esiste, esiste ciò che ciascuno di noi  costruisce e ricostruisce dentro di sé, nelle proprie rappresentazioni interiori. Lei  si rappresenta in questo modo  là dove altre donne,  a parità di condizioni, si rappresenterebbero   in modo diverso;  sa  di avere un viso gradevole   e, probabilmente, anche il suo corpo non è così inaccettabile  come viene  rappresento, tuttavia evita di mettere in risalto  i suoi punti di forza  (viso e capelli) preoccupandosi invece di nascondere ciò che secondo lei non va. Il risultato finale è che  non si piace. Nella parte finale della mail  emerge chiaramente che il problema di Francesca è annoso, infatti fa riferimento ad una “sgradevole sensazione di quando era ragazzina” e ritiene che il suo atteggiamento verso lo shopping e la cura della persona sia nato come anticorpo alla frustrazione. Conclude il suo scritto con una domanda molto chiara:”Come faccio a vincere la mia avversione per lo shopping?” Francesca  è una persona dotata di capacità introspettive e dimostra di aver tentato di elaborare il suo problema;  non le mancano gli strumenti per poter affrontare in maniera più sistematica il proprio disagio con un adeguato supporto psicologico,  con il quale  non solo potrà chiarire il passato ma  cambiare lo schema psicologico-comportamentale che si è ormai consolidato. Buon lavoro.

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4 comments

Anonimo 24 Febbraio 2010 - 22:53

Salve sono M. ho 24 anni e volevo un consiglio sul come vestirmi! Vista la mia magrezza ho un pò di problemi nel trovare maglie che mi vadano bene, per la parte inferiore trovo abbastanza perchè ho un discreto fondoschiena, ma per la parte superiore appunto ho un pò di problemi sono molto magra e ho poco seno…aiutatemi…sono alta 1’60 e peso 45

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Susanna Reschiggian 27 Febbraio 2010 - 8:53

Ciao! Sposto il tuo commento nella posta, così ti rispondiamo in modo “serio…”
grazie per il tuo contatto!

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Anonimo 29 Marzo 2010 - 12:22

gentilissimi mi chiamo silvia a giugno sposa mio figlio ,vorrei essere consigliata sull’abito. va bene un vestito a tubino semplice avorioche da sull’oro con sfumature nere e giacchina nera se si quale scarpe e borsetta ho 50 anni peso 80 altezza 1,60 grazie

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Susanna Reschiggian 1 Aprile 2010 - 12:20

Cara Silvia
il problema è che non si deve mai usare il nero ad un matrimonio…. Non mi facile immaginare cosa intendi per tubino avorio con sfumature nere, ma in ogni caso direi no alla giacchina nera. Sicuramente potrai trovare un’alternativa valida, ci sono moltissimi marchi di taglie comode che producono abiti adatti ad una cerimonia importante. Per i colori, ti consiglio comunque deelle tinte pastello, dall’azzurro al grigio al rosa, ci sono moltissime sfumature adattissime all’occasione.
Ciao!

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