a cura di: Ufficio Stampa Sorgente
Durante i mesi della gravidanza, l’eccitazione per la nascita di un figlio è a volte accompagnata da dubbi e paure: “Andrà tutto bene durante la nascita?”, “Sarà un bambino perfettamente sano?”, “Che cosa possiamo fare da subito per tutelare la salute del nostro bambino?”. La conservazione del cordone ombelicale può rappresentare una decisione cruciale per la salute di un figlio, ma ciò che spesso manca è una corretta informazione in merito ai metodi di raccolta e conservazione: solo così è possibile prendere tale decisione in piena serenità e consapevolezza.
Le procedure adottate al momento della raccolta del sangue cordonale sono del tutto indolori e sicure, e non comportano rischi né per la madre né per il bambino. Appena dopo la nascita, personale ostetrico qualificato esegue il prelievo attraverso l’utilizzo di un ago di grosso calibro, e lo trasferisce in una sacca ematica sterile che contiene una sostanza anticoagulante.
Una volta trasportato il campione presso i laboratori, in totale sicurezza, si eseguono analisi specifiche al fine di verificare alcuni parametri, tra cui il volume e la densità cellulare, oltre alla presenza di batteri o elementi estranei che potrebbero compromettere la buona conservazione del sangue cordonale.
In seguito, il campione viene sottoposto a diversi procedimenti, come ad esempio l’eventuale eliminazione della frazione plasmatica ; a questo punto il sangue cordonale viene miscelato con un agente crioprotettivo che impedisce la formazione di ghiaccio (dimetilsolfossido al 10% – DMSO), e finalmente riposto in un biocontainer alla temperatura di -196°C, raggiunta grazie all’utilizzo di azoto liquido o aeriforme.(nota 1 )
Esistono numerose procedure di sicurezza che garantiscono la perfetta conservazione del sangue cordonale e delle preziose cellule staminali contenute al suo interno: dei sistemi di allarme posti a controllo dei biocontainers rivelano e segnalano eventuali variazioni della temperatura interna. In caso di blackout o avaria, inoltre, si attiva una risorsa secondaria di azoto che consente di mantenere la temperatura ad un livello costante.
Ci si chiede poi per quanti anni sia possibile crioconservare il sangue cordonale senza che le cellule staminali in esso contenute perdano vitalità e capacità proliferative: è stato provato da numerosi studi scientifici che essa è possibile per un periodo pari ad almeno 20 ani.(note 2-3) Uno studio del 2010, ad esempio, ha mostrato come, in seguito ad un trapianto, cellule staminali conservate per oltre 20 anni siano state in grado di ripopolare il midollo osseo di una cavia; trascorso un periodo di sei mesi, un prelievo delle stesse cellule ha consentito il trapianto su un secondo animale, il cui midollo è stato ripopolato con eguale successo. (nota 3)
Senza informazione non può esservi consapevolezza, e di conseguenza non si possono operare scelte in completa serenità. È solo informando le famiglie sulle modalità di raccolta e conservazione del sangue cordonale che esse possono orientarsi verso una decisione diretta a tutelare il futuro e la salute dei propri figli.
Per ulteriori informazioni: www.sorgente.com
Note bibliografiche
1 Moise, K.J., Jr., Umbilical cord stem cells. Obstet Gynecol, 2005. 106(6): p. 1393-407.
2 Broxmeyer, H.E., et al., Hematopoietic stem/progenitor cells, generation of induced pluripotent stem cells, and isolation of endothelial progenitors from 21- to 23.5-year cryopreserved cord blood. Blood. 117(18): p. 4773-7.
3 Broxmeyer, H.E., Cord blood hematopoietic stem cell transplantation in StemBook, T.S.C.R. Community, Editor. May 26, 2010.