La purezza della neve

by redazione

 

Di Giulia

Tre sono gli argomenti di moda in questi giorni: le ragazzine violentate, il bullismo e l’anoressia. Di quest’ultima, solitamente, si parla solo quando qualche ministro (nostrano o estero) decide di alzare per legge la taglia delle modelle, così le ragazzine non si fanno venire strane idee; oppure una modella muore dopo anni di digiuno, e tutti gridano allo scandalo per cinque minuti. Gli uomini riaffermano la loro passione per le ciccette e la cellulite, le donne riaffermano la loro accettazione di se stesse. Cinque minuti dopo, appunto, le donne sono fuori a comprarsi l’anticellulite, gli uomini a fare apprezzamenti e critiche sugli sfondi desktop di Macchianera.

Le modelle non sono il problema. Non sono le modelle a far diventare anoressiche le ragazze. Semmai le anoressiche, se sono alte e graziose, spesso finiscono per fare le modelle. E la malattia diventa uno stile di vita, un metodo di sussistenza, perché il digiuno permette loro di lavorare, e perché intorno a loro nessuno mangia, almeno, non in maniera normale. Alcune smettono. Altre muoiono. Altre ancora figliano e recuperano miracolosamente la forma fisica dopo ogni gravidanza, gettando nella disperazione le puerpere di tutto il mondo: ma perché Heidi Klum è sempre così magra e io invece devo andare in giro con la pancera?

E ci sto cadendo di nuovo. Le modelle non sono il problema.

Siamo tutte più o meno disgustate da noi stesse. Anche le molto belle si vedono piene di difetti. Cristina Chiabotto ed Elena Santarelli si sono fatte ingrandire le tette “per piacersi di più”. Cosa ci fosse di inguardabile in loro, prima, non ci è dato di saperlo. Ma la perfezione rimane sempre un pochino fuori dalla nostra portata, e la perfezione ha come pre-condizione la bellezza fisica, che richiede una manutenzione costante. Siamo tutte insoddisfatte, ci guardiamo il culo, i fianchi, la pancia, le braccia, le tette, il collo, le ginocchia, le cosce, le caviglie, i piedi, le mani, i capelli, il naso, la bocca, gli occhi. La maggior parte di noi convive allegramente con l’imperfezione, che poi nella maggioranza dei casi coincide con la normalità. Il resto convive con lo schifo, e una percentuale combatte lo schifo con ogni mezzo.

Possiamo essere stupide, incolte, incapaci di articolare una frase, ma guai-a-noi se osiamo essere grasse. O malvestite, o scarsamente curate, non depilate, fuori moda, ma soprattutto: grasse.

E’ quella percentuale di guerriere allo specchio che muore giorno dopo giorno, consumandosi nell’ossessione del cibo e delle calorie, nel tentativo vano di scomparire, di elevarsi a una perfezione irraggiungibile. Chi pesa quaranta chili ne vuole pesare trentotto. Chi ne pesa trentotto ne vuole pesare trentacinque. Le mestruazioni scompaiono. Il corpo non risponde. Collassano, i muscoli non le sostengono, zoppicano, buchi in faccia, costole sporgenti, denti in fuori, occhi allucinati, capelli spenti. Brutte, sì, adesso: per la magrezza, e per la disperazione. Muoiono per un raffreddore, lasciandosi dietro i loro blog infarciti di errori di ortografia, autocommiserazione e consigli per le altre, quelle che restano e continuano la battaglia. In tutti echeggia la parola perfezione, perfezione, perfezione. Ripetuta, reiterata, un mantra, perfezione. Della carne che scompare, dello spirito che galleggia nell’euforia del controllo. Muoiono odiandosi, odiando le spoglie che lasciano, ancora troppe, non sufficientemente trasfigurate. Ambiscono a morire lasciandosi dietro non più che una sindone di profumo.

La purezza della neve/1

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